Lo spazio pubblico nella ricerca etnografica di Immagini di una valle urbana
di Giulia Paron e Ilenia Iuri
Lo spazio pubblico è in crisi. Le panchine sono vuote. Le zone pedonali dei quartieri residenziali deserte. I muretti su cui ci si sedeva nelle sere d’estate, ormai, sono solo dei limiti di proprietà privata.
La città si sta dirigendo verso uno spiccato atteggiamento individualista e la conseguenza è una serie di luoghi pubblici abbandonati, pieni di opportunità e di sforzo progettuale, ma che rimangono vuoti.
Le riflessioni conducono al Villaggio del Sole, un quartiere di edilizia residenziale pubblica nella città di Udine nato tra il 1956 e il 1963 all’interno del Programma Nazionale Ina Casa.
Il Villaggio del Sole insiste su un’area di 9 ettari, inizialmente distanti circa 2 km dal centro città e situati in mezzo alla campagna, oggi però è stato inglobato nel tessuto edilizio urbano e, a distanza di sessant’anni, può essere osservato come caso-studio: esso mostra infatti il contrasto tra la promessa di una città ideale (“un grande paese” si raccontava nella rassegna stampa locale) e l’aspettativa disattesa di avere un quartiere orientato alla dimensione collettiva dell’abitare e all’uso dello spazio pubblico come luogo di relazione. In particolare quest’ultimo appare vuoto, non abbastanza allettante e in perenne attesa di accogliere nuovamente una comunità che forse cambia troppo rapidamente.
Il progetto Immagini di una Valle Urbana è un progetto di ricerca etnografica partecipata, promosso dall’associazione Cas’aupa e finanziato dalla regione autonoma Friuli Venezia Giulia e dalla Fondazione Piero Pittini, che indaga proprio il Villaggio del Sole e intende porre l’attenzione sulla percezione dello spazio pubblico e privato da parte dei suoi abitanti, con l’intento di comprendere un’architettura dal forte valore culturale che con il passare degli anni si è svuotata di senso.
Il progetto ha voluto lavorare sull’immaginario del quartiere, da sempre identificato come periferia o dormitorio, con gli strumenti della ricerca etnografica. Questi hanno permesso di mettere a fuoco memorie, pratiche e usi utili alla comprensione delle dinamiche socio-spaziali e alla costruzione di una nuova immagine del Villaggio del Sole, ricca di sfaccettature spesso sconosciute anche agli abitanti.
Si delineano a seguire le attività svolte all’interno del progetto accompagnate da alcune considerazioni.
Le interviste – Le 35 interviste semistrutturate con gli abitanti hanno portato da un lato a popolare lo spazio pubblico di memorie e aneddoti, dall’altro lato a criticarlo per l’assenza di cura e vivacità: in generale viene descritto come luogo di possibilità.
I questionari – I questionari, somministrati ad un gruppo di 50 studenti e 50 abitanti, hanno dato risultati diversi. Tra gli studenti che frequentano il Villaggio nessuno reputa di sentirsi a casa, piuttosto viene percepito come un luogo di passaggio; mentre gli abitanti storici sentono un rapporto più affettivo.
Le mappature partecipate – Le mappature partecipate hanno permesso di individuare una serie di “luoghi del cuore” al Villaggio del Sole: sono prevalentemente spazi legati alle esperienze del passato in aree pubbliche, o addirittura aree “ancora di nessuno” perchè all’epoca non progettate e non costruite.
Si tratta di spazi prevalentemente situati sul perimetro della parte residenziale, in quella che una volta era la campagna o oggi è chiamato “il parco di cemento”, un’area pubblica particolarmente estesa dedicata allo svago.
Sondaggio “Dove vorresti una panchina?” – Il sondaggio chiedeva agli abitanti dove avrebbero desiderato avere una nuova panchina. Abbiamo ricevuto circa 50 risposte durante il mercato rionale e l’80% ha scelto Piazzale Carnia: si tratta della prima attività in cui la piazza è finalmente stata citata come protagonista e luogo di possibili interazioni.
L’esperienza del teatro – Per dimostrare come le possibilità possono divenire realtà abbiamo improvvisato delle performance teatrali che raccontassero il quartiere in Piazzale Carnia e sotto i portici: grandi e piccini sono rimasti incuriositi dal vedere “finalmente accadere qualcosa”.
Questi eventi hanno agganciato un pubblico inconsapevole e mostrato al quartiere la possibilità di trasformare la piazza in un luogo di socialità.
Il progetto ha fatto emergere sia l’allontanamento dallo spazio pubblico, sia l’aspettativa nel volerlo popolare di creatività, intenzione che con difficoltà muta in azioni concrete. Abitare in un luogo in cui la bellezza rende fruibile lo spazio è inevitabilmente un desiderio condivisibile, ma questo non basta: a volte la pratica umana è più forte della progettazione dello spazio stesso e la forma si deriva dal movimento delle persone che decidono di interpretarlo.
Dalle attività di ricerca svolte sul campo emergono tre ipotesi che demotivano l’uso dello spazio pubblico, da affiancare alla sua forma più estetica: la mancata legittimazione dell’abitante a fruirne (lo spazio pubblico viene visto come uno spazio di tutti, ma soprattutto di nessuno), la formalizzazione dell’uso (l’eccessiva burocrazia necessaria per l’utilizzo si scontra con il suo uso informale), la perdita dell’abitudine a vivere fuori casa (dovuta ai cambiamenti sociali in atto).
Per questo motivo la ricerca Immagini di una valle urbana affiancata alla restituzione dei contributi (storie, foto d’archivio) e ai momenti sociali del progetto ha come scopo quello di trasmettere un messaggio molto semplice: “il quartiere esiste, ha una storia, ha delle pratiche alle sue spalle e tu, abitante, ne puoi farne ancora parte”.
Se l’etnografia infatti non può sopperire ai problemi di ordine architettonico, certo è che può supportare la costruzione di una narrazione condivisa che stimoli l’azione e il senso d’appartenenza a un quartiere in cui feste, incontri, conflitti, interazioni potranno avvenire negli spazi pubblici o, magari al mercato, in piazza ogni mercoledì mattina.
Immagini di una Valle Urbana è un progetto di ricerca etnografica promosso da Cas’Aupa e finanziato dalla Regione Friuli Venezia Giulia con il contributo della Fondazione Pietro Pittini e il supporto dei partner Bolzanism museum, Pro Loco di Città “Borgo Sole Udine Ovest”, Invasioni creative, Get Up¡, EUMM – Ecomuseo Urbano Metropolitano Milano Nord, Ecomuseo Mare Memoria Viva e i Drammadilli