di Ilaria Degradi
La Corrente del Postdegrado
Siamo testimoni di un movimento diffuso di resilienza urbana in cui gli abitanti di diverse città del mondo sono mossi dal desiderio di appartenere a una comunità e dal bisogno di recuperare il tempo e lo spazio che sono stati loro sottratti dal rapido e costante divenire della società odierna. Il necessario cambio di paradigma e il bisogno condiviso di moderare il ritmo di vita attivano processi collaborativi e iniziative culturali che promuovono l’innovazione sociale, la partecipazione cittadina, il consumo locale e nuovi modelli economici, migliorando così la loro qualità di vita e il benessere del loro quartiere.
Esistono sempre più progetti di carattere culturale, sociale e urbanistico che compongono la mappa della rigenerazione urbana e ciascuno di essi è caratterizzato da un obiettivo e da un formato di riattivazione specifico, definito dalla natura e dai bisogni propri della comunità che lo riattiva. I vuoti urbani si trasformano in quei punti definiti da Pilar Soto Sánchez come territori fertili (2017) dove i cittadini sono liberi di pianificare il loro spazio e auto-costruire un luogo basato sulle loro personali esigenze, stabilendo un’identità propria, collettiva e creativa.
Come segnala Manzini (2010), negli ultimi anni diversi attori sociali hanno dimostrato che possono agire al di fuori dei modelli economici dominanti. Casi come Cascinet, Isola Pepe Verde e Alle Ortiche in Italia; Cinema Usera, Esta es una plaza e Campo de la Cebada in Spagna; Holzmarkt, ZK/U e Prinzessinen Garten in Germania sono solo alcuni dei numerosi progetti esistenti. Dietro ognuno di questi casi promettenti lavorano gruppi di persone che inventano, potenziano e gestiscono soluzioni innovative create a partire da quel che giá esiste, dando vita alle comunità creative (Meroni, 2007; Sánchez-León, 2018; Albelda, Sgaramella & Parreño, 2019; Haxeltine & Seyfang, 2009).
Dal 2012 mi interesso a questa tematica, visitando e documentando alcuni dei progetti che hanno trasformato vuoti urbani o rovine rurali, in beni comuni. Consapevole della rapida espansione del fenomeno, ho ritenuto interessante catalogare e collezionare queste iniziative e dare un nome a questo movimento che ho chiamato la Corrente del Post Degrado.
Ho dunque iniziato a mappare i casi studio che incontro nel mio percorso di ricerca e a raccogliere testimonianze orali e fotografiche che racconto su una pagina web dedicata, progettata per dare forma a una finestra digitale in continua crescita che da visibilità ai progetti esistenti e alle buone pratiche di riattivazione in essi applicate.
La Corrente del Post Degrado comprende diverse tipologie di spazi rigenerati: , all’aperto o al chiuso, legali o illegali, con o senza scopo di lucro e definisce come caratteristica comune la ripresa del ciclo di vita di uno spazio dopo un periodo di abbandono e il suo cambio di destinazione d’uso a scopi socio-culturali.
Nonostante i progetti descritti in dettaglio nella piattaforma si riferiscano per il momento quasi esclusivamente al territorio di Milano, la ricerca ha un carattere internazionale, geograficamente tracciato nella mappa online dedicata.
Tra i principali obiettivi della piattaforma c’è l’importanza di creare una rete di connessioni tra agenti della rigenerazione, in modo da facilitare lo scambio di informazioni, materiali e contatti e da fornire esempi pratici e strumenti chiave a coloro che volessero replicare uno dei diversi format di riattivazione di territori in stato di abbandono.
Se è vero che il mondo è pieno di spazi vuoti, è altrettanto vero che un’intera comunità creativa è in costante ricerca di luoghi in cui dar vita alle sue idee. L’obiettivo di questa ricerca è dunque unire queste due verità per colmare un bisogno diffuso e collettivo.
Note bibliografiche:
Albelda José, Sgaramella Chiara e Parreño José María (2019): Imaginar la transición hacia sociedades sostenibles. Ed. Universidad Politècnica de València, Valencia.
Haxeltine Alex e Seyfang Gill (2009): Transitions for the People: Theory and Practice of ‘Transition’ and ‘Resilience’ in the UK’s Transition Movement. Ed. Tyndall Centre for Climate Change Research, Norvegia.
Manzini Ezio (2010), Small, Local, Open and connected: Design for Social Innovation and Sustainability, The journal of design strategies. Vol. 4, No. 1. pp. 8-11, Ed. The New School for Design, New York.
Meroni Anna (2007): Creative communities. People inventing sustainable ways of living. Ed. POLI.design, Milano.
Sánchez-Leon, Nuria (2018): “El papel del arte en la transición ecosocial: casos anglosajones y españoles” Humanidades Ambientales. Pensamiento, arte y relatos para el Siglo de La Gran Prueba. Ed. Catarata. pp. 147-163, Madrid.
Soto Sánchez, Pilar (2017): Arte, ecología y consciencia. Propuestas artísticas en los márgenes de la política el género y la naturaleza. Tesis Doctoral, Universidad de Granada, Granada.