Il giardino supera il cancello L’esperienza dei laboratori di architettura partecipata centrOrtona

di Giulia De cunto, Matteo De Marco, Chiara Paris

Il giardino supera il cancello. L’esperienza dei laboratori di architettura partecipata centrOrtona

I laboratori di architettura partecipata centrOrtona sono stati realizzati dall’Associazione VIVIAMOLAq negli Istituti Comprensivi 1 e 2 di Ortona (CH), tra il 2019 e il 2020, all’interno del progetto I C.A.Re.-Creare Azioni in Rete, finanziato dalla Fondazione Con i Bambini. Obiettivo dei laboratori era il coinvolgimento di ragazze e ragazzi in processi di analisi e trasformazione di alcuni spazi della città, promuovendo pratiche di ascolto e collaborazione tra pari e coltivando la consapevolezza dei partecipanti di essere parte attiva della società.

Come collettivo di giovani e liberi professionisti appassionati del mondo dell’architettura, abbiamo impostato il lavoro immaginando un percorso di conoscenza dello spazio fisico, con la volontà di fornire i primi strumenti per progettarne il cambiamento. Un primo ciclo di laboratori ci ha visti impegnati nella progettazione di un parco comunale nell’immediata periferia della città, assieme a un gruppo misto di alunni delle scuole sia primaria che secondaria; il secondo ciclo prevedeva, invece, la trasformazione di un giardino scolastico, nel quartiere popolare di S.Giuseppe, con gli alunni della scuola primaria; mentre il terzo ci ha coinvolti nella trasformazione di un’aula polifunzionale all’interno della scuola media.

Le riflessioni raccolte in questo articolo si concentrano sul rapporto tra luoghi dei bambini e spazi della città, osservando la complessità emersa dal progetto di trasformazione del giardino scolastico della scuola primaria. Tale progettualità ci permette infatti  di condividere la nostra esperienza di scoperta dello sguardo dei bambini sul contesto urbano e di raccontare una pratica secondo noi importante nella creazione di legami tra ciò che sta dentro e fuori la scuola.

Maquette di studio del giardino
Fotografia di Francesco Paolucci

L’area di progetto è un cortile di circa 700 mq., racchiuso tra i vari edifici del plesso scolastico, che ai nostri occhi appariva come uno spazio vivo, molto usato dai bambini durante le giornate scolastiche ma limitato da  un recinto che  filtrava la relazione con ciò che accadeva fuori. Volevamo riflettere nel percorso che stavamo iniziando proprio su questa relazione, intendendo la trasformazione del giardino come un’occasione per superare il recinto e pensare a questo spazio come un luogo pubblico aperto al quartiere. 

Immaginare una scuola in continuo dialogo con l’esterno, centro di socialità prima ancora che di istruzione, è la visione alla base dei nostri laboratori. Pensiamo che il giardino scolastico, più facilmente di altri spazi, sia un punto di contatto privilegiato tra scuola e città, grazie alla caratteristica di essere uno spazio della scuola – un interno – e, allo stesso tempo, uno spazio esterno: un interno-esterno (Stefano Laffi) dove le relazioni tra ciò che accade dentro e fuori dall’edificio scolastico diventano più fitte. La sorpresa è stata però scoprire che l’idea di rendere il giardino fruibile per tutti non piaceva a gran parte dei bambini che tendevano a considerarlo come il loro spazio. Questo ci poneva davanti una sfida: interrogare nel profondo le ragioni alla base delle nostre convinzioni e fornire agli studenti gli strumenti per affrontare criticamente l’argomento, senza imporre la nostra visione. 

Nell’ottica di portare la scuola oltre il cancello, siamo partiti dall’osservazione del quartiere nel quale è immersa. Passeggiando tra le strade di San Giuseppe abbiamo analizzato la sua storia e osservato come il quartiere cresca “come i tronchi degli alberi che ogni anno aumentano di un giro” (Calvino), cambiando forma e aspetto ma trattenendo allo stesso tempo le tracce delle sue versioni precedenti. Abbiamo portato lo sguardo sulle differenze tra un parco urbano e un giardino di quartiere, tra una piazza e un’area verde abbandonata, tra i concetti di pubblico e privato, passando attraverso le zone grigie nelle quali definire un confine tra queste realtà non è sempre possibile. Fatta questa analisi, abbiamo quindi iniziato a lavorare sul nostro giardino considerandolo parte del sistema di spazi che accolgono la vita quotidiana del quartiere per poi adottare  un approccio pratico, rilevando misure e caratteristiche funzionali per immaginare  possibili e nuovi modi di viverlo, tenendo al centro sia i desideri di bambine e bambini, che le necessità della scuola.

Passaggiata alla scoperta del quartiere San Giuseppe
Fotografia di Francesco Paolucci

Il giardino così come oggi si presenta è frutto di un percorso di analisi e immaginazione completamente condiviso con i bambini. Attualmente, lo spazio accoglie un palco in legno utilizzabile per attività performative, come agorà di discussione o per il gioco, un grande tavolo per laboratori all’esterno, un orto in cui le classi possono guardare, annusare e prendersi cura delle piante e nuove specie rampicanti che nel tempo abbelliranno le pesanti pensiline in plastica. Il progetto si completa con un coloratissimo percorso-gioco realizzato sulla passerella pedonale. Non è ancora stato possibile aprire il rinnovato giardino a tutto il quartiere perché, in questo periodo storico profondamente segnato dal prolungarsi dell’emergenza sanitaria, la scuola è ancora uno dei luoghi più fragili della città.

Pensiamo sia importante affermare la fattibilità e il valore di percorsi didattici non convenzionali e di approcci che mettano i bambini a confronto con problemi reali, stimolando in loro la consapevolezza di essere attori sociali dotati, fin da piccoli, di un potere trasformativo sul mondo che li circonda. Siamo convinti che momenti come la negoziazione tra le diverse ipotesi di progetto siano profondamente formativi nell’ottica della crescita personale, ma soprattutto nell’aumentare la capacità dei partecipanti di cooperare. Abbiamo osservato gli egoismi farsi da parte nell’ottica di un disegno comune: è stato uno dei risultati più importanti del laboratorio. 

Speriamo di essere riusciti infine a stimolare una diversa curiosità rispetto allo spazio, uno sguardo analitico e trasformativo che, probabilmente, potrà aiutare i ragazzi, adesso come in futuro, a pensarsi non soltanto fruitori della città, dei luoghi che abitano e attraversano, ma come cittadini attivi, che quei luoghi hanno il potere di reinventarli.

Vista dall’altro Fotografia di Francesco Paolucci

Per ulteriori approfondimenti

A questo link è possibile consultare i video di sintesi dei primi due laboratori di architettura partecipata: wwww.viviamolaq.com/centroortona