È futuro presente: democrazia partecipativa a Santarcangelo di Romagna 

di Emma Neri

Cosa accade quando una città decide di mettersi in ascolto? quando la pianificazione diventa gesto relazionale, un’occasione per aprirsi al confronto, al dissenso, alla costruzione condivisa di senso? Ce lo dice Santarcangelo di Romagna – un comune di poco più di 20mila abitanti nell’entroterra riminese – che ha scelto di adottare un approccio partecipativo – e a tratti anomalo – per condividere con la cittadinanza la visione e le sfide per il futuro della città.

U-rise fa tappa in Romagna per una tre giorni dedicata a partecipazione e facilitazione. Un modulo formativo con Elena Farnè (architetta, esperta di processi di partecipazione pubblica) e Lucio Rubini (Università Iuav di Venezia) in collaborazione con Chiara Pignaris (Cantieri animati, già presidente di AIP2 Associazione Italiana per la partecipazione pubblica), che si intreccia con il racconto di un’esperienza reale: il percorso partecipativo del nuovo Piano Urbanistico Generale (PUG) del comune di Santarcangelo, denominato “è futuro presente”.

Tutto parte da un assunto ormai evidente: la crisi non è più un’eccezione, ma una condizione strutturale. È da questa lettura che si può comprendere il contesto in cui si inserisce il documento programmatico del nuovo PUG di Santarcangelo, che prende avvio proprio dal riconoscimento di un tempo segnato da crisi – ambientali, sociali, economiche – che attraversano tanto la dimensione globale quanto quella locale. Crisi che, diventate strutturali ai territori, rendono indispensabile un cambio di paradigma: occorre immaginare nuovi modelli relazionali, capaci di costruire legami tra istituzioni e società, aprendo spazi di collaborazione e dialogo. 

In questa prospettiva si collocano le politiche europee e, a livello locale, la legge regionale 24/2017 dell’Emilia Romagna, che sottolinea la necessità di adottare strumenti integrati per la gestione del territorio. Contenimento del consumo di suolo, rigenerazione urbana, sostenibilità e partecipazione attiva diventano così assi portanti dell’azione urbana. 

In momenti come quello dell’elaborazione di un nuovo strumento urbanistico, per cui la legge regionale introduce novità in materia di governo del territorio, lo sforzo per un piccolo comune è molteplice: formare tecnici e professionisti, collaborare per costruire strumenti capaci di parlare alla città, ma soprattutto ispirare rendendo abitabile il linguaggio della pianificazione. 

Come chiedere alla cittadinanza di immaginare il futuro della città, di entrare nel discorso, se questo non viene tradotto? Il percorso di partecipazione “è futuro presente” tenta proprio di fare questo: avvicinare quel futuro al presente, renderlo prossimo, comprensibile, abitabile. Ecco perché la comunicazione è una leva strategica di questo processo: logotipo, slogan, identità visiva e un uso integrato dei canali social e tradizionali sono stati alleati in grado di catalizzare l’attenzione e di attivare immaginario con un linguaggio semplice, accessibile e riconoscibile.

Immaginario, che è stato alimentato attraverso una serie di azioni sperimentali con l’obiettivo di arrivare insieme – istituzioni e collettività – alla scrittura del Manifesto del Piano, la base per la strategia del nuovo PUG. Per fare questo, Elena Farnè, coordinatrice del percorso partecipativo, ci mostra quali azioni sono state messe in campo. Qui, ve ne racconterò due: le video interviste e le conferenze itineranti. Ma partiamo dall’inizio.

Il primo gesto partecipativo, avviene con la scrittura del documento programmatico. Istituito l’Ufficio di Piano e nominato il garante della partecipazione, la giunta e tutti i settori dell’amministrazione, da quelli tecnici a quelli della sfera sociale si relazionano per condividere le linee di lavoro del nuovo Piano. Insieme, condividono una visione, espressa attraverso 8 principi guida che vengono comunicati in modo accessibile e immediato. “Una casa di cui ai le chiavi a ogni età”, che guarda all’autonomia dei più fragili, alla rigenerazione di edifici dismessi e all’abitare collaborativo.“Patrimonio e cultura” che rifiuta l’idea del contenitore culturale come monade isolata e propone spazi come nodi relazionali in una rete di servizi pubblico-privati. “Una comunità che pensa”, che esprime la volontà dell’amministrazione di sperimentare azioni di coinvolgimento della cittadinanza che vadano oltre gli “stakeholder organizzati”.

Per fare in modo che vi sia partecipazione, e che questa possa essere generativa, spazi e linguaggi vengono resi abitabili e sapere “alto” e “basso” si incontrano, si contaminano. La prima fase di coinvolgimento infatti, attraverso video-interviste ricerca il sapere radicato nei luoghi, non accademico. Viene fatta una mappatura, un carotaggio sociale per fare una semplice domanda:

“Com’è la città oggi e come la immagini nel futuro?”

Nascono sei episodi, pubblicati sulla pagina youtube del Comune, che incorporano ognuno una sfida del piano attraverso le voci di chi abita Santarcangelo. Per trasmettere l’importanza di queste testimonianze – e secondo il genius loci santarcangioiolese, città dall’anima artista – le interviste vengono filmate da un regista e post-prodotte. Cambia lo scenario e chi parla è dentro uno studio televisivo, come se fosse ospite autorevole di un dibattito: un gesto creativo che rende visibile il valore politico dell’ascolto e del sapere situato. 

Ogni episodio, viene proiettato per inaugurare sei conferenze con dibattito, pensate per restituire pubblicamente la visione del Piano. Cittadinanza, attori locali, giunta ed esperti si riuniscono, si espongono, interagiscono e dibattono attraverso diversi strumenti. Introducono i cittadini con le video-interviste, aprono gli assessori, parlano gli esperti, ci si confronta a gruppi, si interagisce con strumenti online, ci si conosce e infine si condivide.

Un’anomalia rispetto alla norma è che le conferenze, itineranti sul territorio, hanno acceso spazi-altri, non più in luoghi istituzionali, ma del vissuto, magari da riscoprire. Per esempio, la conferenza inaugurale – che ha presentato il percorso del Piano – si è tenuta in una frazione del centro città, all’ex trattoria Jolanda, dove c’è l’intenzione di sperimentarne l’uso come bene comune. Oppure, si è parlato di impresa e accordi pubblico-privati dentro un magazzino della fabbrica dell’impresa Anelli, che aveva cessato l’orario di turno qualche ora prima. O ancora, luoghi del vissuto, come piazza Ganganelli, dove si è parlato di clima durante un’afosa giornata estiva e ci si è riuniti in cerchio grazie all’allestimento del Festival dei Teatri. Luoghi simbolici, come anche la corte di case popolari, che sono stati allestiti secondo un uso diverso da quello per cui sono stati pensati ma che rievocano le tematiche delle conferenze e investono lo spazio di un valore di cui è intrinsecamente portatore: quello politico. 

Santarcangelo ha in questo senso reso abitabili spazi e linguaggi, portando testimonianze in grado di formare, informare e ispirare. Lo ha fatto uscendo dalla norma ed entrando in un rito collettivo in cui per un frangente, la pianificazione urbana ha cessato di essere solo un fatto tecnico ed è tornata ad essere un affare umano. Spesso ci si riferisce alla partecipazione come strumento, ma raramente come rito: un tempo e uno spazio altro – che si dilata – e in cui ciò che è normalmente invisibile si fa presenza.