di Rossella Bruno, Chiara De Giuli, Giulia Guerci, Giulia Rizzoli, Francesca Tartaglia
Diario di bordo. Resilienza ambientale, città e comunità: strumenti ibridi per adattarsi al cambiamento climatico
Siamo a metà del percorso di formazione del master U RISE VII, alla fine della presentazione dei campi di indagine per una buona rigenerazione della città ed è il giusto momento per riflettere in maniera olistica su quanto imparato finora, aprendo lo sguardo all’ecosistema in cui si inserisce la città. Questo modulo è un’integrazione di quest’anno, realizzata in coordinamento con il centro di ricerca Planning Climate Change lab, e si è articolata sui contenuti accademici e tecnico-professionali dei professori Francesco Musco e Mattia Bertin (IUAV), di Federico Beffa e Paolo Siccardi (Fondazione Cariplo) e di Piero Pelizzaro (Comune di Milano).
Sostenibilità è una parola che in questi ultimi anni è stata invocata, interpretata, strapazzata, presa in prestito dai soggetti più disparati e somministrata come medicina universale. Proprio per evitare che questo termine venga svuotato del suo significato, può essere utile ripartire dal radicamento al territorio e dall’applicazione sugli spazi. Le città, infatti, possono essere ripensate come luoghi di concentrazione di possibilità per connettere la dimensione ambientale, sociale ed economica in maniera da creare un reale impatto sulla quotidianità di una comunità.
Nella prima giornata con Mattia Bertin si è discusso su come è cambiata la percezione dei rischi ambientali in ambito urbano e come una diversa narrazione degli eventi emergenziali possa contribuire a offrire soluzioni diverse di intervento, non più sporadiche e volte unicamente al tamponamento degli effetti contingenti. Infatti, è sbagliato pensare alla catastrofe come una crisi temporanea di cui è possibile mitigare l’impatto nella speranza di poter tornare allo stato precedente. La rapida intensificazione e l’inasprimento del mutamento climatico impongono di ragionare per nuove strade e sviluppare una capacità di reazione elastica per costruire modelli di adattamento. Per fare ciò è importante innanzitutto conoscere la geografia di un territorio e monitorarne lo stato di rischio, a partire anche dai piccoli eventi imprevisti in modo da sviluppare un piano di recupero e di reazione prima che accada il disastro. In questo modo si può ridurre l’instabilità e l’incertezza su un territorio ed evitare la perdita di fiducia sia degli abitanti che degli imprenditori locali, in modo da non danneggiare l’attrattività di un sito. Il presidio e il controllo diretto degli abitanti sul territorio è il miglior antidoto alle catastrofi incontrollabili, è importante quindi mettere al centro della discussione il coinvolgimento dei cittadini, delle associazioni e delle istituzioni nella progettazione dello sviluppo futuro. A questo proposito si è analizzato l’innovativo approccio di intervento messo a punto da Ed Blakely a seguito della catastrofe di New Orleans, dove attraverso dei laboratori di condivisione con i cittadini si è ricercata una risposta a problemi sistemici. Ripensando le strade, i canali e le aree verdi come infrastrutture plurali si è potuto riadattare l’esigenza di servizi pubblici con un nuovo modello insediativo sostenibile.
Ma come integrare la resilienza ambientale con una visione economica incentrata sullo sviluppo incessante? Con il professor Francesco Musco abbiamo analizzato questo equilibrio delicato che si mette ancora più in evidenza nei contesti urbani all’interno dei territori più fragili. In molte città si stanno creando Piani di Adattamento per la mitigazione degli impatti del clima: un abaco di soluzioni concordate attraverso tavoli di co-progettazione, inserite all’interno di una prospettiva socio-economico-territoriale di lungo termine. Passando da Copenaghen fino ad arrivare nel Mantovano, abbiamo visto l’integrazione di tecnologie all’avanguardia con politiche ad alto impatto sociale in modo da operare una risignificazione degli spazi vissuti. Una consulenza e un supporto tecnico per questa transizione può essere offerto da enti come Fondazione Cariplo che con un progetto dedicato chiamato Strategia Clima supporta le amministrazioni locali anche di aree montane o interne a trovare una rete di soggetti interessati sul territorio per stipulare una programmazione strategica all’avanguardia.
L’ultima giornata Piero Pelizzaro ha presentato la sua esperienza a capo della Direzione di progetto Città Resilienti del Comune di Milano, nata in relazione al network globale 100 Resilient Cities. Le reti internazionali sono fondamentali per affrontare le sfide comuni unendo interventi locali a strategie globali usando la lente della resilienza per leggere e gestire la complessità della città in un percorso condiviso di dialogo tra ambiti e attori diversi – in un panorama che verte sempre più verso “l’istituzionalizzazione della resilienza” integrando processi e piani. Anche Francesco Musco poi, presentando una ricerca sul territorio periurbano milanese, ha sottolineato la necessità di mettere in relazione gli impatti ambientali e le condizioni socio-economiche, nella consapevolezza che una miglior risposta alla crisi climatica può avvenire in primo luogo prendendosi cura degli individui più fragili e informando tutta la popolazione. Infatti, è sempre importante ricordare che il processo di transizione ambientale si lega indissolubilmente ai concetti di equità e accessibilità.
Il cammino verso il cambiamento nasce dal dialogo tra il quotidiano e l’orizzonte. Ogni parola va scandagliata, ascoltata, così come gli eventi minori vanno registrati perché hanno un impatto duraturo. Abbiamo imparato che complicato è diverso da complesso, e che catastrofe, disastro ed emergenza sono fenomeni differenti davanti ai quali vanno modificate le risposte. I territori vanno letti e capiti utilizzando strumenti e competenze complementari ed è nello spazio pubblico che si può mettere in atto, davvero, il cambiamento.