Diario di bordo. Ripartire dallo spazio pubblico per costruire comunità

Dopo quasi un mese di lezioni a Venezia, il quarto appuntamento della VII edizione del Master U-Rise “Spazio pubblico, spazio generativo”, coordinato da Lucio Rubini e Chiara De Grandi, ci ha portate a Milano dove, attraverso un percorso immersivo, si sono affrontati temi relativi alla rigenerazione dello spazio pubblico, esplorando esempi di urbanistica tattica e mobilità sostenibile, indagando il cambiamento del ruolo delle amministrazioni all’interno della pianificazione e l’interesse crescente dei soggetti privati nei confronti della rigenerazione urbana. [di Varvara Iliaki, Arianna Falessi, Alice Salcini, Domenico Scarpelli]

di Varvara Iliaki, Arianna Falessi, Alice Salcini, Domenico Scarpelli

Diario di bordo. Ripartire dallo spazio pubblico per costruire comunità

La Città di Milano ha accolto il primo appuntamento in trasferta del Master U-RISE VII Edizione. Le lezioni si sono svolte nella cornice di BASE Milano, polo creativo e centro di ricerca e sperimentazione di iniziative culturali e sociali nel cuore della zona Tortona. BASE Milano rappresenta un importante intervento di rigenerazione urbana, liberando lo spazio industriale abbandonato Ex-Ansaldo e restituendolo ai cittadini. Milano, prima città in Italia a impegnarsi nella rigenerazione urbana, guardando ai modelli offerti dalle grandi città europee, è il luogo ideale per apprendere azioni e modalità atte a innescare e portare a compimento la valorizzazione e la significazione dello spazio pubblico.

I tre giorni di incontri, coordinati da Lucio Rubini (Università IUAV Venezia) e Chiara De Grandi (Officina Urbana, Agenzia Mobilità Ambiente e Territorio – AMAT  Milano) hanno visto la presenza di ospiti dai differenti background ma accomunati da un obiettivo: rendere lo spazio pubblico vivibile e a misura d’uomo. Nello specifico, abbiamo incontrato: Demetrio Scopelliti (Urbanistica, Territorio e Spazio Pubblico AMAT), Chiara Quinzii (co-founder  Quinzii Terna Architecture), Marco Mazzei (Consigliere Comunale di Milano), Matteo Pettinaroli (Needle Milano), Davide Agazzi (FROM), Simona Portigliotti (Merlata BLOOM), Stefano Minini (MIND) e Paolo Robazza (BAG Studio).

Una delle prime esperienze con cui ci siamo confrontati è stata quella di Demetrio Scopelliti che ha portato in aula la sua esperienza con Officina Urbana e con la stesura del PGT 2030 (Piano di Governo del Territorio) con il quale si sono individuati ambiziosi obiettivi strategici come lo sviluppo dei quartieri, la costruzione di piste ciclabili, la lotta al consumo di suolo e la valorizzazione dello spazio aperto. Significativo è stato scoprire come questi interventi sono stati riadattati ed anticipati grazie al vuoto generato dalla Pandemia.

Successivamente è arrivato il momento di Chiara Quinzii, autrice insieme a Diego Terna di “Milan Public Space”, che ha evidenziato come, soprattutto a seguito della pandemia, lo spazio pubblico sia diventato uno dei temi centrali del dibattito sulla città. Cercando di rispondere alla domanda “cos’è lo spazio pubblico?” ed interrogandosi su una possibile definizione, la loro ricerca si pone l’obiettivo di identificare le sue caratteristiche e declinazioni fondamentali. I risultati di questo percorso consistono in un’interessante metodologia di mappatura e classificazione dei diversi layers di spazio pubblico, identificando criticità e potenzialità in un tentativo di conoscere, proporre modalità di intervento e infine ripensare e risignificare le varie tipologie di spazio aperto.

Ripensare alla città partendo dal sistema della mobilità è un’idea condivisa anche da Marco Mazzei, che si è focalizzato su un importante strumento: la bicicletta. L’uso di nuove forme di mobilità sostenibile può, infatti, aumentare la nostra sicurezza e il nostro benessere, ma soprattutto “liberare” dalle automobili gli spazi di una città. A tal fine, costruire un cambio di mentalità del cittadino sull’uso della mobilità dolce e condivisa è una delle principali sfide da porsi.

Fotografia di Francesca Pavanel

È con l’architetta Chiara De Grandi,  attraverso una  biciclettata immersiva nell’area ovest di Milano e più occasioni di dialogo, che abbiamo scoperto gli interventi di urbanistica tattica del progetto Piazze aperte + Strade Aperte. Azioni puntuali negli spazi pubblici marginali della città restituiscono vitalità e identità, rinnovando i processi e le politiche di trasformazione urbana. Si incentivano così: pedonalità, ciclabilità, sicurezza stradale e collaborazione della comunità che si pone come agente di cambiamento. Gli interventi temporanei, da un lato, si caricano spesso di critiche alle quali l’esperienza insegna di rispondere trasmettendo le motivazioni delle azioni e coinvolgendo la cittadinanza nelle politiche urbane. Dall’altro lato, la loro reversibilità diviene enorme risorsa in fase di monitoraggio per arrivare a progetti definitivi più consapevoli.

Con Davide Agazzi, affrontando i casi studio di MIND e Merlata BLOOM, siamo entrati in una nuova ottica in cui la PA non è più il principale soggetto per la rigenerazione urbana. Grandi istituzioni pubbliche e private negli ultimi anni stanno innescando processi innovativi facendosi “istituzioni àncora” che hanno un forte impatto sul territorio, concessioni lunghe e gestiscono molte risorse. Tutti questi fattori portano alla progettazione di interventi a scala ampia che implicano la sfida di bilanciare l’interesse della collettività locale con quello degli attori privati, spesso tendente a prevalere. 

Fotografia di Arianna Falessi

Nell’ultimo incontro abbiamo esaminato con Paolo Robazza l’approccio del Placemaking nella progettazione dello spazio pubblico, e le sue espressioni in contesti di diversa scala. Partendo dalle tre categorie di Placemaking – strategico, tattico e creativo -, il discorso si è sviluppato intorno a due casi studio. Il primo, Green Please a Bologna ha comportato la trasformazione di un parcheggio in prato verde temporaneo che ha funzionato come catalizzatore per la comunità, accendendo il dibattito cittadino e ispirando gli abitanti a reclamare l’uso dello spazio pubblico. Il secondo caso riguarda Martellago, un paese situato nel cuore della città diffusa veneta, dove l’utilizzo dell’automobile condiziona la struttura dello spazio pubblico. In questo contesto, Paolo Robazza ha coordinato percorsi formativi e iniziative come Più e Mercato Tattico, che prevedono interventi temporanei e reversibili mirati ad incrementare la qualità degli spazi spostando l’attenzione sugli abitanti. Il suo intervento si intreccia con quello di Lucio Rubini, redattore del Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS). Quest’ultimo, superando i limiti tecnici dello strumento urbanistico, diventa un’opportunità unica per la crescita civica della comunità e per la costruzione di una visione identitaria attraverso la mobilità.

In questi casi, la presenza di attori locali sensibilizzati e di rigeneratori di spazi con la capacità di leggere il territorio per scoprire nuove chiavi di interpretazione, scovando le problematiche nascoste, dimostra come il coinvolgimento dei cittadini e la costruzione di reti, per affrontare le sfide insieme, possa creare un valore aggiunto nei processi di rigenerazione.

Al termine di questo percorso nello spazio pubblico e nelle sue molteplici declinazioni la domanda che siamo chiamati a porci è: “Ci adattiamo costantemente alla forma della città, perché invece non adattiamo la città alle nostre esigenze?”. La grande sfida che aspetta il rigeneratore urbano è proprio quella di cambiare i paradigmi che oggi vivono nelle menti degli abitanti delle città, portare le comunità a riappropriarsi dello spazio pubblico, costruendo così una città più inclusiva e vivibile.

Si è parlato di first step, necessario nella formula per il cambiamento; per noi U-Risers il primo passo è stato riflettere e guardare la realtà con gli occhi del rigeneratore urbano, con la speranza di poter ridefinire la concezione dello spazio pubblico creando luoghi dove ognuno possa ritrovare la sua dimensione

Fotografia di Francesca Pavanel
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